
Musei e multimedialità tra passato e futuro
Partendo dall’esperienza del Museo del Mare e delle Migrazioni di Genova, esempio di multimedialità e di concreta interattività sensoriale, e da quella del MANN, si è svolto ieri un seminario sull’uso delle nuove tecnologie negli spazi museali. Cosa è stato realizzato sinora in termini di innovazione e cosa è ancora possibile, tenendo presenti sia le esigenze museali che quelle architettoniche e di allestimento? Quali e quanti sono gli strumenti a disposizione che contribuiscono a raggiungere platee più ampie? “Oggi possiamo contare su numerose strumentazioni che ci consentono di andare al di là dei cinque sensi per comprendere sempre più la complessità di un’architettura – ha spiegato la professoressa Renata Picone, Direttore Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio Ordinario di Restauro, Università degli Studi di Napoli Federico II e padrona di casa nello splendido Coro della Chiesa trecentesca di Donnaregina in vico Donnaregina, 26 - La multimedialità può essere applicata anche al restauro, quindi, per progetti che siano il più consapevoli possibile. Nella nostra disciplina, d’altronde, più si conosce e meno si interviene, più si comprende realmente il motivo di certe specificità e più si è riluttanti nel cancellarle. Questo è il grande messaggio di trasferimento di un valore da una generazione all’altra”.
Due gli esempi virtuosi di multimedialità analizzati nel corso del pomeriggio: la Commenda di Prè a Genova e il Museo Archeologico di Napoli: “A Genova è stato realizzato il primo museo dell’Emigrazione – ha aggiunto Paolo Masini, presidente del Comitato di Indirizzo del MEI - Museo dell'Emigrazione Italiana - Abbiamo scelto di raccontare storie delle migrazioni e di farlo con strumenti moderni, perché la museologia internazionale ci consiglia questa strada. Volevamo rappresentare le storie di uomini e donne, storie di amore e sofferenze, storie di vita. La multimedialità ci ha consentito di realizzare di dare un’anima a tutti i racconti e, al contempo, di rendere il museo ancora più fruibile. È un museo nel quale vogliamo che ci si diverta, non a caso l’ultimo piano è dedicato ai bambini che sono i visitatori del domani”.
“Già il mondo antico sperimentava nuove forme di multimedialità come la poesia, la letteratura, anche lo studio dell’aldilà, un modo per leggere nel futuro – ha riflettuto Paolo Giulierini Direttore del MANN - Museo Archeologico Nazionale di Napoli - anche noi oggi scopriamo nuovi linguaggi che ci consentono di vivere il mondo antico senza spostarci dal nostro posto, solo attraverso le nuove tecnologie. Abbiamo notato che la comprensione del passato è aumentata del 60/70% nei nostri fruitori, perché vedere le opere nella loro realtà originaria, ricostruire spazi e luoghi antichi, rende il messaggio molto più incisivo. Speriamo così di rendere il mondo migliore e più inclusivo a tutti i livelli del pianeta. La multimedialità ci ha permesso anche di collegarci con tutte le altre strutture mondiali, di mettere in mostra i nostri immensi depositi e di proporre e ricevere proposte per nuove mostre ad esempio. In questo modo tutte le opere ritrovano vita e possono essere degnamente rappresentate”.
Il tema delle migrazioni e di come raccontarle, soprattutto alle nuove generazioni, coinvolge anche il Cnr: “Siamo in un periodo storico importante – ha affermato Michele Colucci primo ricercatore presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche Istituto di Studi sul Mediterraneo - in cui viviamo numerose occasioni di conoscenza rispetto soprattutto ai temi delle migrazioni e bisogna saperle cogliere per comprendere al meglio i fenomeni attuali bisogna solo saperle accogliere”.
Un’esperienza multimediale di grande successo l’ha raccontata Rossana Apaza-Clavijo Direttore Affari Istituzionali e comunicazione SlideWorld srl,la società che, attraverso la multimedialità, ha messo in relazione il Mann con il Colosseo e il Mei con il museo di Ellis Island: “Abbiamo aperto al Mann una porta digitale per far riflettere sul dentro e sul fuori, sul significato dell’attraversamento, del confine. Per costruire questo modello di tecnologia, abbiamo fatto comunicare tecnici e informatici con antropologi, filosofi e sociologi. Un dialogo fondamentale tra le varie discipline e questo è un altro aspetto virtuoso dell’importanza della multimedialità. Questi strumenti favoriscono le connessioni, i legami umani, stimolano la curiosità. Il museo è luogo di innovazione, di sperimentazione e di esperienza sociale”.
A chiudere il pomeriggio di riflessione, Francesco Felice Francesco Felice Buonfantino, presidente Gnosis Progetti, lo studio di architettura e ingegneria che ha realizzato il Mei: “Le tecnologie ci consentono di realizzare il metaverso, di entrare in spazi completamente virtuali che però hanno saturato forse l’attenzione dei più giovani che sono fortemente abituati entrare in questo tipo di realtà. Abbiamo provato quindi ad applicare al Mei una multimedialità diversa, una multisensorialità che coinvolgesse anche un sesto senso, quello dell’emotività per superare la noia di chi della tecnologia ne fa un uso spropositato tutti i giorni. Come raccontare, allora, le tragedie delle migrazione, le migliaia di morti? Attraverso un planisfero dal quale calare corde rosse con tanti nodi quanti sono stati i morti di una specifica tragedia. Sulla parete poi la leggenda del fatto di cronaca corrispondente. Un’installazione poco multimediale visto che non c’è tecnologia, luce, computer, ma solo una forte emotività. Al progetto abbiamo lavorato in tanti, Gnosis è una cooperativa, quindi l’impegno di uno è di tutti gli architetti, gli ingegneri, i progettisti che ci lavorano, in particolare l’architetto Federica De Stefano che ha contribuito in modo sostanziale a rendere quest’idea di museo e di multimedialità, una realtà. Siamo partiti, quindi, da una dimensione che in qualche modo nega la multimedialità per arrivare ad aree del museo molto più multimediali, però al termine della mostra i visitatori avranno sicuramente attivato tutti i sensi e coinvolto ogni forma di emotività. Questa forse è la nuova dimensione alla quale dobbiamo aprirci per non incorrere nell’errore di vivere la tecnologia come una mera pratica avulsa dai sentimenti”.
Durante il pomeriggio di lavori, anche il saluto dell’Ordine degli Architetti: “In che misura oggi mettiamo in campo l’uso di nuove tecnologie? – ha spiegato Marco Borrelli, consigliere tesoriere dell’Ordine Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori di Napoli e Provincia - E’ importante comprendere come questi nuovi strumenti siano fondamentali nella nostra esistenza e quanto l’uomo ne sia assorbito. Le tecnologie sono utili, però riflettiamo su quanto questo postumanesimo porti a un’aberrazione di questi spazi e di quanto sia importante ritornare con i due piedi per terra e vivere un palinsesto esperienziale attraverso corpo, tatto, olfatto e tutti i sensi di cui siamo dotati”.